Che cos’è la Sindrome della Cuffia dei Rotatori
Considerata a ragione una delle più complesse parti anatomiche dell’intero scheletro, la spalla è costituita da 5 articolazioni che le consentono di effettuare un tipo di movimenti estremamente precisi e perfezionati.
Tra queste la principale è quella scapolo-omerale, il cui ruolo è di collegare anatomicamente la cavità glenoidea della scapola con la testa dell’omero, l’osso dell’avambraccio che poi si articola al gomito.
L’insieme di queste 5 articolazioni viene controllato da ben 26 muscoli, che permettono movimenti particolarmente complessi e che rendono la spalla la zona più mobile dell’intero organismo.
La cuffia dei rotatori è una struttura anatomica formata da un insieme di 4 strutture muscolari e di numerosi tendini che hanno il compito di stabilizzare e di proteggere la spalla.
I 4 muscoli coinvolti sono:
- muscolo sovraspinato, disposto superiormente;
- muscolo sottoscapolare, disposto anteriormente;
- muscolo sottospinato e piccolo rotondo, disposti posteriormente
L’azione sinergica di queste 4 strutture muscolari, che si contraggono tonicamente in modo fisiologico, contribuisce ad un corretto funzionamento dell’articolazione; quando infatti la cuffia dei rotatori non è in grado di svolgere correttamente il suo movimento, potrebbe verificarsi una lussazione con fuoriuscita della testa omerale dalla cavità glenoidea della scapola.
La funzione della componente muscolare svolge un ruolo di estrema rilevanza nel movimento della spalla in quanto ciascuno dei 4 muscoli è deputato a specifiche funzioni.
- Il muscolo sovraspinato controlla la rotazione verso l’esterno del braccio, agendo sinergicamente con il deltoide.
- Il muscolo sottoscapolare è deputato al controllo del movimento verso l’interno del braccio.
- Il muscolo sottospinato, oltre a controllare la rotazione esterna del braccio, contribuisce a stabilizzare l’articolazione scapolo-omerale.
- Il muscolo piccolo rotondo esercita un’attività sinergica di supervisione rispetto al precedente sottospinato.
In questa perfezionata struttura sono presenti anche numerosi tendini, la cui attività risulta fondamentale sia per mantenere in posizione la spalla sia per consentirle di muoversi perfettamente.
La denominazione “cuffia dei rotatori” deriva appunto dalla presenza di questo complesso di tendini che, dal punto di vista morfologico, formano una vera e propria “cuffia” in grado di avvolgere la parte superiore dell’omero.
La componente muscolare di questa articolazione può provocare l’insorgenza di problemi funzionali che si traducono poi in notevoli limitazioni del movimento.
Il muscolo sovraspinato è quello che va maggiormente soggetto a lesioni, anche se, in caso di rottura della cuffia dei rotatori, sono i tendini a subire lesioni; pertanto questo disturbo è di natura tendinea più che muscolare.
Il tipo di problema può dipendere da una semplice infiammazione tendinea localizzata che non provoca nessun danno permanente, a una lesione parziale oppure completa.
In quest’ultimo caso è di solito necessario intervenire chirurgicamente in quanto l’intera articolazione non è più in grado di funzionare.
Quando sono presenti lesioni importanti, il primo segnale è rappresentato da un deficit motorio più o meno marcato, che si traduce nell’impossibilità di mantenere sollevato il braccio in posizione laterale.
È evidente che la limitazione motoria diventa estremamente incisiva poiché il soggetto riesce soltanto a sollevare con fatica il braccio verso l’alto e spesso deve aiutarsi con l’arto controlaterale a riportarlo nella posizione di partenza.
Questo danno funzionale insorge piuttosto gradualmente per poi evidenziarsi con chiarezza dopo numerosi tentativi di movimentazione del braccio.
Dapprima il paziente avverte una specie di ostacolo da superare per allargare le braccia, anche se quest’azione non è del tutto preclusa; con il tempo si nota una sempre maggiore difficoltà di movimento che arriva poi alla semi paralisi dell’arto.
Eziolologia e diagnosi della Cuffia dei Rotatori
In presenza di dolori alla spalla di norma si sospetta un problema alla cuffia dei rotatori, tenendo conto che le ossa di questa parte anatomica sono mantenute in posizione da vari componenti:
- muscoli, responsabili dell’attività motoria;
- tendini, che ancorano i muscoli alle ossa;
- legamenti, che stabilizzano le ossa vincolandole tra loro;
- borse, che consentono un perfetto scorrimento di tutte le parti anatomiche, e, funzionando da cuscinetti protettivi, eliminano qualsiasi attrito.
L’eziologia del disturbo della cuffia dei rotatori è imputabile soprattutto ai normali processi degenerativi legati all’invecchiamento dei tessuti molli presenti nella spalla.
Una lesione di questo genere può essere anche di natura traumatica (esito di contusioni relative alla spalla con schiacciamento dei tendini) o infiammatorie (patologie di vario tipo).
La sua incidenza aumenta drasticamente in rapporto all’età, a partire dai 60-65 anni; di solito vengono colpiti entrambi gli arti, senza differenza tra braccio destro (predominante) o sinistro.
Oltre a questa causa, il disturbo può essere imputabile a traumi pregressi che hanno lasciato conseguenze permanenti a livello osteo-articolare, all’eccessiva pratica sportiva, alla continua ripetizione di movimenti in grado di stressare l’articolazione oppure a scorretti atteggiamenti posturali.
Il dolore si può presentare localizzato, riferito ad aree anatomiche limitrofe oppure irradiato lungo l’intero braccio: l’artrosi legata a processi di calcificazione tendinea contribuisce a peggiorare la sitomatologia.
Anche episodi di periartrite sembra siano considerati significativi fattori predisponenti al disturbo delle cuffie dato che coinvolgono tutte le componenti articolari.
La diagnosi della patologia prevede tre fasi successive, che sono:
Anamnesi
Il paziente deve riferire con estrema precisione al medico tutta la sua storia clinica, facendo riferimento a eventuali traumi subiti (anche non necessariamente alle spalle), a episodi di infiammazione accompagnati da dolore e anche a malattie sistemiche in qualche modo collegabili alle articolazioni;
Esame Obiettivo
Il terapeuta (meglio se specialista) procede con la ricerca dei sintomi per identificare il tipo di limitazione motoria del soggetto, la sede del dolore oltre che l’entità del deficit articolare;
Esami Ematochimici
E’ sempre utile effettuare una serie di analisi di laboratorio comprendenti tutti gli indici dei processi infiammatori, come la proteina C reattiva e la VES, che sono in grado di chiarire alcuni aspetti del quadro morboso;
Indagini Strumentali
Si tratta di un insieme di approfondimenti diagnostici necessari per chiarire la reale entità del problema.
In questo settore, la diagnostica per immagini si conferma la scelta d’elezione in quanto offre l’opportunità di visualizzare con attendibilità la situazione morfologica e quindi funzionale della struttura articolare.
Le radiografie consentono di osservare soltanto le parti dure, come le ossa, ma non quelle molli, per le quali è necessario ricorrere ad un’ecografia che, mediante ultrasuoni, è in grado di visualizzare tendini e muscoli.
L’artrogramma consiste in una specifica radiografia da effettuare in presenza di un mezzo di contrasto, indispensabile per rendere pienamente visibile la cuffia dei rotatori.
La risonanza magnetica, infine, trova largo impiego nei casi in cui l’ecografia non sia stata risolutiva, anche se spesso questo esame viene eseguito per completare il precedente.
Esiste comunque un test specifico che viene impiegato per la diagnosi di questo disturbo; si tratta di una valutazione funzionale da effettuare mediante attività motorie mirate.
La prova prevede che il paziente sollevi lateralmente il braccio ruotandolo verso l’interno e facendo in modo che il pollice della mano sia sempre rivolto verso il basso.
Flettendo l’arto in avanti di circa 30 gradi (secondo un angolo acuto), il soggetto subisce una leggera pressione verso il basso che, se innesca dolore, diventa indicativa della presenza del disturbo.
Un altro fattore discriminante per una diagnosi corretta dipende dall’eventuale perdita di forze dell’arto rispetto a quello controlaterale.
Anche l’impossibilità di mantenere il braccio immobile al di sotto dei 120 gradi (angolo ottuso) costituisce un segnale caratteristico denominato del “braccio cadente” correlato a una lesione tendinea.
In generale la diagnosi trova conferma in presenza di movimenti contro resistenza che siano dolorosi e limitati, i quali, a seconda dell’intensità della sofferenza, possono essere significativi di rotture ai tendini oppure ai muscoli.
Anche se meno frequenti, le lesioni muscolari devono essere identificate con precisione rispetto a quelle tendinee per essere in grado di impostare un’adeguata terapia.
Il test è finalizzato non soltanto a diagnosticare il disturbo, ma anche a localizzarlo con attendibilità dato che spesso un dolore alla spalla sinistra (focus primario) innesca un dolore alla spalla destra (focus riflesso), creando una potenziale incertezza diagnostica.
Vengono spesso prescritti anche il test “Lit Off” e il Test di Neer, due prove estremamente specialistiche il cui ruolo è quello di quantificare l’entità del disturbo e il suo coinvolgimento sulle componenti anatomiche.
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Sintomi ed evoluzione del disturbo della cuffia dei rotatori
Il sintomo preponderante del disturbo della cuffia dei rotatori è senza dubbio il dolore che si può manifestare in vario modo.
Una delle caratteristiche discriminanti della patologia è rappresentata dal fatto che la sofferenza può insorgere anche a riposo e in particolare di notte, quando il paziente viene svegliato da fitte dolorose mentre si trova in completa distensione.
Questo segnale dovrebbe indirizzare il sospetto diagnostico.
È chiaro che, nella maggior parte dei casi, la dolorabilità si presenta durante il movimento e in particolare nelle fasi di rotazione degli arti che, progressivamente, diventano sempre meno mobili.
I pazienti avvertono una notevole difficoltà a compiere banali attività, come se fossero costretti a sollevare pesi ingenti anche se la situazione non lo prevede.
Si tratta di una debolezza muscolare derivante dall’infiammazione della componente tendinea e legamentosa, che si riflette sulle potenzialità motorie.
Un altro sintomo tipico è derivante dalla sempre minore ampiezza dei movimenti che nel tempo arrivano a bloccare il braccio in alcune minime posture.
Progressivamente si assiste quindi a un peggioramento di funzionalità delle braccia sia in presenza che in assenza di movimento: il paziente lamenta una costante dolenzia che viene esacerbata nell’esecuzione di banali azioni.
Indicazioni e trattamento del disturbo della cuffia dei rotatori
Il disturbo della cuffia dei rotatori è spesso collegato a episodi di epicondilite, quando cioé i tendini che collegano i muscoli dell’avambraccio all’epicondilo (parte esterna del gomito) si infiammano, provocando una dolorosa tendinite.
Il collegamento tra queste due patologie è da ricercarsi nella postura che l’arto assume nei casi in cui l’articolazione della spalla è deficitaria; tale condizione infatti si riflette sull’intero braccio, focalizzandosi a livello di un’altra articolazione presente (appunto il gomito).
In questi casi il trattamento deve essere finalizzato a ripristinare una corretta funzionalità tendinea in entrambe le zone.
Dopo avere avuto la certezza di una diagnosi accurata, il paziente può affrontare un adeguato programma terapeutico che solitamente prevede l’impiego di onde d’urto, particolarmente efficaci se applicate tempestivamente ed applicazioni di crioterapia.
La cura del freddo infatti è utile sia per eliminare i processi infiammatori che per attenuare la sintomatologia dolorosa.
Sono inoltre previste terapie di tipo farmacologico mediante l’assunzione di antinfiammatori (FANS) o anche corticosteroidi, la cui scelta è a discrezione del medico e che possono venire somministrati per via locale (infiltrazioni) oppure sistemica (compresse, supposte, iniezioni).
Soltanto in caso di grave calcificazione dei tendini che tendono a rompersi è consigliabile ricorrere all’intervento chirurgico.
Collegamento tra postura e disturbo della cuffia dei rotatori
Secondo la maggior parte degli specialisti in ortopedia e fisiatria esiste una precisa relazione tra la postura e l’insorgenza del disturbo della cuffia dei rotatori, un presupposto di grande utilità per poter impostare un’adeguata rieducazione posturale.
Già a partire dai 35-40 anni può avere inizio un processo degenerativo dei tendini della cuffia, responsabile della perdita di elasticità articolare e della formazione di micro-calcificazioni.
È proprio a questo punto che bisogna intervenire per evitare che il problema evolvendosi possa cronicizzare, con l’insorgenza di processi d’usura contro il soffitto acromiale.
Il dolore derivante dalle lesioni articolari provoca una disposizione del corpo nello spazio che risulta notevolmente alterata.
Innanzitutto il paziente tende a incurvarsi nel tentativo di limitare i movimenti delle braccia che gli causano dolore; tale iniziale incurvatura provoca successivamente un inavvertibile spostamento del baricentro che, nel tempo, può creare problemi d’equilibrio.
La colonna vertebrale costituisce l’asse portante dell’intero scheletro e pertanto una sua postura scorretta coinvolge anche arti superiori e inferiori.
In presenza del disturbo della cuffia dei rotatori si può affermare che si innesca un processo autoalimentante poiché il dolore alla spalla innesca una modificazione posturale del rachide che, a sua volta, tende a esacerbare la sofferenza articolare della spalla.
Proprio per questo motivo risulta di estrema importanza affrontare un adeguato programma di rieducazione posturale il cui scopo è duplice: da un lato infatti attenua il dolore alle spalle e d’altro lato ripristina il corretto assetto della colonna vertebrale.
Come conseguenza si viene ad eliminare un’importante concausa al disturbo della cuffia dei rotatori con evidente riduzione del dolore e miglioramento delle attività motorie.
Un efficace programma di rieducazione posturale prevede mirati esercizi di rieducazione funzionale per la spalla e per la colonna vertebrale che prendono in considerazione tutta la postura e gli elementi che la compongono.
La correttezza dei movimenti risulta il requisito indispensabile per ottenere efficaci risultati; a questo proposito è quindi necessario effettuare esercizi riabilitativi mirati al recupero funzionale della muscolatura della spalla.
I movimenti di rotazione esterna del muscolo sovraspinato devo essere eseguiti incominciando con trazioni deboli e incentivando progressivamente la forza in controtendenza.
Il muscolo sottoscapolare invece deve essere ruotato verso l’interno e per eseguire correttamente questa prova è consigliabile aiutarsi con l’arto controlaterale, avendo cura di non forzare mai il braccio.
È indispensabile concentrarsi preventivamente soltanto sulla postura del corpo, che deve presentare il rachide in confort rispetto alla superficie d’appoggio.
Soltanto quando la schiena è dritta e le scapole non sporgono è possibile incominciare ad eseguire gli esercizi rieducativi.
Una parte di tali prove viene realizzata in posizione supina con il paziente disteso su un lettino (oppure materassino) piuttosto rigido e con l’impiego di un sottile supporto in posizione lombare per sostenere la schiena.
In questo modo si viene a creare una condizione di continuità anatomica tra spalle e bacino, presupposto importantissimo per l’esecuzione corretta delle rotazioni degli arti.
Progressivamente vengono inserite resistenze di vario genere, come gli elastici, i pesi oppure supporti statici di minore incisività, utili per potenziare la componente isometrica delle contrazioni.
Relativamente alla riabilitazione posturale di tipo propriocettivo di norma si ricorre all’impiego di palle e tavolette oscillanti per migliorare il controllo motorio degli arti nello spazio.
In seguito a procedure di questo tipo il paziente è in grado di assumere una corretta postura dello scheletro, contribuendo a minimizzare le problematiche dolorose derivanti dal disturbo della cuffia dei rotatori.
Mantenendo un adeguato assetto posturale è dunque possibile riequilibrare la posizione degli arti e la funzionalità delle articolazioni soggette a problematiche di tipo degenerativo.